Si è presentato  in tribunale a Massa, al processo che vede alla sbarra don Euro, al secolo Luca Morini, coperto da un lenzuolo bianco, come un fantasma, per denunciare l’omertà che ha avvolto la vicenda, Francesco Mangiacapra, l’escort napoletano che ha dato il via all’indagine, rivelando di aver avuto una relazione con il prelato che con i soldi dei parrocchiani apuani frequentava locali, pagava cene e notti di sesso con con sex workers gay.

Mangiacapra, con il suo legale di fiducia, si è costituito parte civile, assieme ad altri, nel processo all’ex parroco, 51 anni, imputato di estorsione, autoriciclaggio, detenzione e cessione di stupefacente, sostituzione di persona. Mangiacapra ha ripercorso davanti al giudice Ermanno de Mattia alcuni momenti degli incontri con don Morini. “Il primo – ha dichiarato – in un locale per scambi di coppia di Napoli. Lui era accompagnato da un ragazzo con cui poi abbiamo avuto un rapporto. Mi disse che era un magistrato, mi promise che mi avrebbe fatto fare carriera come avvocato visto che sono laureato in giurisprudenza, che mi avrebbe introdotto nel jet-set e mi avrebbe fatto diventare ricco”. Poi conferma: “Quella notte Morini fece uso di stupefacenti davanti a me. Sniffò su un tavolo”. L’escort Mangiacapra è stato interrotto più volte dal giudice per i dettagli scabrosi che, ritenuti superflui nell’economia del processo, intendeva raccontare in aula. “Mi chiedeva di fare sempre sesso telefonico – ha comunque continuato Mangiacapra – e ovunque fossi, a qualunque ora, dovevo smettere di fare quello che stavo facendo per soddisfarlo altrimenti non mi avrebbe più aiutato con il lavoro”. Don Morini, quando la vicenda è emersa, a suo dire “ha negato, poi mi ha minacciato – conclude Mangiacapra – Io l’ho denunciato alla Curia e non ci siamo più sentiti”. Nella terza udienza hanno sfilato altri dei 100 testimoni chiamati a deporre dal pm Alessandra Conforti. Tra questi don Maurizio Marchini, parroco a Soliera, in Lunigiana, ma ai tempi dei fatti membro del consiglio parrocchiale per gli affari economici, organo che nelle parrocchie si occupa di gestire e controllare i bilanci. “Prima di don Morini – dichiara in aula don Adriano Giuseppini – dopo aver effettuato tutti i pagamenti che riguardavano le utenze di luce, gas acqua e piccole manutenzioni, ci consegnava mensilmente tutte le entrate della parrocchia, le elemosine, i compensi per le messe in ricordo dei defunti, i matrimoni, i funerali, le comunioni, i battesimi e le offerte raccolte durante le messe, quelle che i fedeli mettono nei cestini. Il consiglio, di cui faceva parte anche un commercialista, rendicontava questi soldi, all’epoca esisteva un registro, e poi li metteva in banca. Da quando arrivò a Caniparola (la parrocchia dell’ex prete imputato, ndr) don Luca Morini, però, i conti non tornavano più. Non riuscivamo più a fare in parrocchia quello che facevamo prima, i soldi non bastavano mai. Ci staccavano la luce perché non pagavamo le bollette e il consiglio non ha più potuto rendicontare tutte le entrate come faceva prima. Abbiamo dovuto comprare una cassaforte per conservare almeno le offerte delle messe domenicali e poche altre entrate. Cassaforte di cui Morini non aveva la chiave”. Il consiglio poi nel 2014 si dimise in blocco e la curia accettò le dimissioni, senza chiedere alcuna spiegazione.


Cade in mare da una nave ormeggiata, trovato morto